2/2 ARTE COME ESPERIENZA:
partecipazione, competenze e lavoro comune.
ARTE COME ESPERIENZA:
partecipazione, competenze e lavoro comune
2/2
CONVERSAZIONE
Dipartimento Educazione
Castello di Rivoli
Rivoli, 23 gennaio 2025
PARTECIPANTI:
Paola Zanini, Castello di Rivoli, Responsabile Dipartimento Educazione
Brunella Manzardo, Castello di Rivoli, Comunicazione e Accessibilità Dipartimento Educazione
Gianfranco Valleriani, “Il Museo di Tutti, La sostenibilità sociale dei luoghi dell’arte”, Direttore Scientifico
Vincenza Morelli, “Il Museo di Tutti, La sostenibilità sociale dei luoghi dell’arte”, Coordinatrice progetto
Roberto Albano, Fondazione Fitzcarraldo, Coordinatore dell’area sviluppo territoriale
Giulia Menegatti, Fondazione Fitzcarraldo, Consulente
IL LUNGO E PREZIOSO LAVORO CON LE PERSONE SORDE
Paola Zanini
Già dal 2007, grazie all’input ricevuto da Catterina Seia, una delle persone con le quali abbiamo affrontato l’argomento in maniera sempre molto capillare e seria, con l’Istituto dei Sordi di Torino abbiamo impostato una ricerca che ha portato 80 nuovi segni della Lingua dei Segni Italiana: parole che riferiscono al mondo dell’arte ma che non esistevano prima in LIS; nella lingua delle persone sorde abbiamo scoperto non solo le tante lingue dei segni a livello nazionale, ma addirittura anche i tanti dialetti e questo ovviamente rende difficile che un termine diventi universale. È un progetto realizzato con la comunità sorda, abbiamo dovuto superare i nostri limiti, il dare per scontato alcune conoscenze per poter trasmettere i contenuti e fare in modo che essi potessero a loro volta essere tradotti nella lingua dei segni.
Giulia Menegatti
Grazie al progetto “Digita Lens. Sguardi su Accessibilità Cultura e Digitale” promosso da Fitzcarraldo come capofila insieme a Politecnico di Milano, Meet Digital Culture Centre e Ett spa, che ho coordinato nella primavera 2024, ho conosciuto Enrico Dolza, l’associazione “Oriente Occidente” e altre persone che portano avanti le istanze della comunità sorda in maniera politica, nel senso sociale.
Ho scoperto che il mondo delle persone sorde è ricchissimo di dialetti e di lingue, esistono persone sorde dalla nascita, persone sorde segnanti, un mondo complesso e affascinante.
La mia curiosità è questa: le parole che avete codificato esistono già nella lingua italiana o avete addirittura creato dei neologismi?
Brunella Manzardo
Il campionamento riguardava ottanta parole di base del lessico specifico, per poter affrontare un’ipotetica visita al Castello di Rivoli: da “installazione” a “pittura ad olio”, quest’ultimo esistente nella Lingua dei Segni, ma il segno “olio” era associato all’olio alimentare. Dunque, le ottanta parole individuate potevano essere parole completamente inesistenti o parole che necessitavano di un miglioramento o di una precisazione linguistica. Poteva esserci il riferimento a correnti artistiche, a tecniche, oppure trattarsi di parole di carattere generale come, per esempio, “installazione”.
Nel creare i nuovi segni ci siamo avvalsi delle competenze di Luciano Candela docente madrelingua di LIS, all’interno di un processo che si è sviluppato nel gruppo di ricerca, di cui ho fatto parte.
Il primissimo passaggio era rendere edotti, diciamo così, i sordi su termini che non conoscevano, dunque spiegare, cosa non semplice, una serie di termini artistici specifici, proprio perché a partire da questa comprensione, Luciano Candela, il direttore dell’Istituto Enrico Dolza e Francesca Delliri la ricercatrice incaricata dall’Istituto dei Sordi potessero arrivare alla proposta di traduzione che poi abbiamo codificato nel dizionario in forma trasparente. Essendo un progetto di livello internazionale, unico al mondo, come diceva giustamente Zanini, c’è stata una piena trasparenza sul processo di creazione del segno. Avendo pubblicato la proposta di un segno inedito, la comunità sorda può decidere di farlo proprio e valutare se semplificarlo, per una questione linguistica, perché tutto è in chiaro e c’è la possibilità di capire esattamente come si è arrivati al segno.
Paola Zanini
Per un certo periodo abbiamo avuto la possibilità di avere una nostra ricercatrice distaccata all’Istituto dei Sordi, nel caso specifico appunto Brunella Manzardo che ha potuto seguire non solo la sperimentazione ma anche la realizzazione e la creazione dei segni.
Brunella Manzardo
L’arrivo a questo importante traguardo non è stato un caso isolato, ma collegato ad una ricerca avviata da tempo. In momenti in cui quasi nessun museo ancora parlava di accessibilità, noi al Castello di Rivoli eravamo già in contatto con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti ad esempio, con cui abbiamo cominciato a collaborare dal 2004.
Il Dipartimento Educazione ha sempre curato il tema sensoriale, il rapporto arte-sensi per qualsiasi tipologia e fascia di pubblico: si trattava una potenzialità caratteristica dell’arte contemporanea e del nostro Museo, da sviluppare con le persone con disabilità sensoriali, da cui il rapporto prima con i non vedenti e ipovedenti e poi i sordi; ma la strada è lunga e si realizza con una ricerca continua, non riguarda unicamente la comunità sorda ma tutta la sfera delle disabilità, che presenta grosse sfide ma anche un grande fascino e un grande arricchimento professionale e umano.
Vorrei aggiungere inoltre, gestendo la parte di comunicazione del progetto, che è importante l’attenzione a soppesare ogni parola; ad esempio, non è corretto dire sordomuti ma semplicemente persone sorde. La parola sordomutismo è superata e anzi oggi si rischia anche di offendere, vista la grande sensibilità nell’uso dei termini giusti.
IL DISAGIO COGNITIVO… L’ARTE CHE ISPIRA
Gianfranco Valleriani
Volevo allargare la riflessione, introducendo un tema di mio particolare interesse, quello legato alle problematiche psico-cognitive, che apre a questioni ancora più ampie e in alcuni casi anche discordanti. Sarebbe interessante sapere come Il Castello di Rivoli e il vostro Dipartimento hanno affrontato queste problematiche e quali sono le esperienze e le riflessioni maturate in merito.
Brunella Manzardo
Con la Fondazione Carlo Molo Onlus che si occupa di persone con problematiche di afasia e seri problemi del linguaggio, abbiamo creato un percorso bellissimo di inserimento dell’esperienza dell’arte nella riabilitazione neuroliguistica. Abbiamo prodotto un materiale molto toccante in quanto realizzato e co-progettato direttamente con le persone con afasia.
In una piccola pubblicazione che abbiamo prodotto insieme, la copertina è un disegno elaborato proprio dai pazienti della Fondazione, di grande valore perché completamente realizzato da loro con la nostra collaborazione. Ovviamente abbiamo lavorato a stretto contatto e co-progettato, però sono stati loro a scegliere le parole per raccontare il percorso al Castello di Rivoli, che hanno espresso, non senza difficoltà, con un processo di recupero con il logopedista.
Possiamo dire che li abbiamo aiutati attivamente proprio nel processo di guarigione ed è stato un vero successo, un’importante trasformazione dall’inizio del percorso alla fine. Addirittura, essi stessi poi hanno svolto delle piccole visite sperimentali insieme agli studenti liceali e dell’università, che seguivano la persona afasica mentre questa raccontava a modo suo il Museo.
Giulia Menegatti
Queste piccole descri-ioni sono state fatte verbalmente?
Brunella Manzardo
Certo, sia verbalmente sia per iscritto. Poi c’è stata una vera e propria mappatura delle parole chiave che siamo riusciti a far emergere con l’aiuto degli educatori della Fondazione. Come diceva Paola Zanini, lo scambio di competenze è una priorità assoluta: si lavora insieme con grande cura perché ciascuno, come in questo caso, porti fino a un certo punto la tua competenza, dove si incontra con quella degli altri e insieme si realizza qualcosa di potente.
Per concludere ricordo che, accanto a queste programmazioni specifiche, ci sono poi eventi per i giovani come quelli organizzati da Club Silencio al Museo dove insieme a musica e spazi conviviali i partecipanti possono approfittare della visita al Museo: i giovani apprezzano moltissimo l’opportunità di scoprire l’arte contemporanea accompagnati da un’artenauta del Dipartimento Educazione in un contesto informale e rilassato che unisce divertimento e cultura.
ASSOCIAZIONI, SCUOLE E MUSEI:
PROFESSIONALITÀ DIVERSE NEL LAVORO COMUNE
Gianfranco Valleriani
Come cambia e si allarga la sfera delle competenze dal punto di vista delle figure professionali che partecipano a questi lavori? Come si sviluppano scambi e contaminazioni tra le diverse competenze e figure del gruppo?
Brunella Manzardo
Il processo di conoscenza e di evoluzione delle competenze avviene nella condivisione che si crea all’interno dei gruppi di lavoro e nella relazione, grazie a una preparazione molto accurata. Come dicevamo, non si tratta mai di episodi sporadici ma sempre basati su profonde relazioni e sullo scambio intenso.
Paola Zanini
Le competenze necessarie per i vari progetti si ampliano ovviamente con lo studio, la formazione ma anche con l’esperienza diretta sul campo. Noi interagiamo con istituzioni specializzate, con persone che lavorano direttamente nelle ASL o che lavorano in società cooperative dedicate e che affrontano nel loro quotidiano la relazione con le persone. Dallo scambio tra il nostro linguaggio e quello specifico delle persone che lavorano nell’accompagnamento e nella cura delle persone può nascere un linguaggio comune, fatto della comprensione delle diverse esigenze. Insieme costruiamo un percorso di senso e capiamo qual è l’approccio migliore in quel momento, in quella situazione, con quei destinatari.
Penso al progetto Formidabili Lab, sull’inclusione di persone con disabilità intellettive, sui temi di creatività, unicità e riuso sostenuto da Leroy Merlin e realizzato grazie alla collaborazione con B-corp (RI)GENERIAMO, Cooperativa Il Màrgine e Coripet, un modello di innovazione che ha inteso creare opportunità di inserimento lavorativo e sociale per persone fragili.
Nell’ambito del progetto il Dipartimento Educazione ha svolto incontri di formazione in forma di team building con i destinatari del progetto e prodotto i tutorial per la realizzazione degli elaborati destinati alle scuole e alle famiglie. Il progetto ha inteso promuovere il protagonismo delle persone con disabilità, che a partire dal percorso di formazione a cura del Dipartimento Educazione, hanno condotto workshop nelle scuole: qui i materiali di recupero, come rete da cantiere, tappi in plastica e vari elementi in diversi materiali si sono trasformati in risorsa creativa. In particolare insieme ai bambini si sono creati diversi apparati modulari intessuti e intrecciati, con cui reinventare lo spazio del gioco e della vita quotidiana.
L’attivazione del progetto ha visto tre principali obiettivi come messaggi formativi: il valore del riciclo, indispensabile per la consapevolezza sulle tematiche ambientali; il valore della manualità e della creatività; il valore dell’unicità e il saper guardare non i limiti ma le capacità delle persone.
In un’epoca in cui la cura della persona in tutte le sue sfaccettature – fisica, psicologica e sociale – emerge come un argomento di primaria importanza, il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli continua il suo impegno attivo in questo ambito.
La rinnovata collaborazione con Leroy Merlin e la Cooperativa Il Margine incarna questo impegno, dandoci modo di portare l’arte contemporanea nella sua espressione multisensoriale, sinestetica e sostenibile, dialogando tra accessibilità e consapevolezza ambientale, per diventare il fulcro di un progetto innovativo. Questa partnership non solo ci permette di essere proattivi e operativi nell’estendere le nostre pratiche, ma offre anche a persone con disabilità un’opportunità unica: quella di diventare a loro volta portavoce di queste esperienze e risorse per le generazioni più giovani. Il progetto, quindi, va oltre l’inserimento lavorativo: mira a fornire dignità e autonomia, permettendo ai partecipanti di gestire laboratori che ispirano e formano i più giovani.
Brunella Manzardo
Una cosa che vorrei sottolineare è proprio il protago nismo delle persone con disabilità: in una situazione come la nostra, con una storia pluriennale di lavoro, non facciamo mai arrivare una proposta dall’alto; si tratta di lavori di co-progettazione in cui spesso è possibile addirittura affidare direttamente dei lavori alle persone con disabilità, rendendole protagoniste del progetto stesso, nella convinzione che la dignità dell’uomo passa dal lavoro che riusciamo a fare con pari dignità.
Luciano Candela è una persona sorda ed è un grande professionista; Francesco Fratta, che purtroppo non c’è più, era una persona non vedente e conduceva lui stesso dei percorsi di visita, dopo aver fatto naturalmente la formazione condivisa con noi. Nicola Della Maggiora, che è un bravissimo giovane sordo e che lavora con l’Istituto dei sordi, è coinvolto nei nostri progetti. Enrico Dolza sta coinvolgendo sempre di più i ragazzi sordi e inoltre qui siamo stati i primi a organizzare visite al Museo in cui era direttamente la persona sorda, Valentina Bani, a condurre il gruppo, così da non rendere necessaria l’intermediazione linguistica, che comunque avrebbe imposto il doppio passaggio di traduzione dalla madrelingua LIS, piuttosto che un’interfaccia diretta. Questi sono gli orientamenti da cui ci muoviamo quando è possibile, cercando di dare un ruolo da protagonisti, e non solo passivo.
Gianfranco Valleriani
Lo scorso anno ho assistito a un evento allestito a Torino, organizzato da un collettivo di ragazzi sordi, e devo dire che è stata un’esperienza per me straordinaria. Oltre a sentirmi un po’ smarrito in un mondo di tanti simboli e segni a me estranei, ho percepito la difficoltà nel salto non solo di linguaggio ma di diversa sensibilità, per poter entrare nei significati e nelle espressioni artistiche realizzate. C’erano, all’ingresso del percorso, dei ragazzi sordi che spiegano con la loro lingua concetti di base ai visitatori, per avvicinarli al loro lavoro artistico.
Credo che la lingua dei segni, che da vedere è quasi performativa, dovrebbe essere una lingua di comune conoscenza, almeno nei suoi elementi di base.
Paola Zanini
In occasione della grande festa per il quarantennale del Museo svoltasi il 19 dicembre 2024, abbiamo voluto pensare a tutti i pubblici, bambini, ragazzi, insegnanti, i nostri studenti over 65 dell’Unitre, persone sorde; oltre alle performance di Stalker Teatro e di Egri Bianco Danza abbiamo ospitato al Museo la performance di Nicola Della Maggiora in Visual Vernacular: un’opera affascinante, tra poesia e performance in lingua dei segni, dove l’espressività del corpo del segnante è ancora più intensa.
Il Museo era pieno di bambini, giovani e di persone di tutte le provenienze affluite per festeggiare il compleanno del Museo, tutti rapiti dalla poesia del corpo che si muoveva. Anche se letteralmente chi non conosce la LIS non era in grado di comprendere tutto, l’atmosfera era molto evocativa e riusciva a far arrivare le emozioni. Teniamo presente che non si comprende mai tutto dell’arte, ma Nicola parlava e faceva una poesia disegnata con i segni.
Giulia Menegatti
Parlando da potenziale neurodivergente, cosa che mi ha creato non pochi disagi sia personali che professionali, penso in realtà che tante persone nel nostro ambito di lavoro lo siano, perché spesso la neurodivergenza porta molta creatività, pensiero veloce ma anche tante difficoltà nella vita, e penso che sia molto importante normalizzare la cosa.
Quindi, la primissima considerazione che mi viene in mente è Basaglia e la sua frase “da vicino nessuno è normale”, nel senso che siamo tutti straordinari, probabilmente.
Paola Zanini
Abbiamo collaborato sui territori vari. Marina Costantino e Sergio Sut facevano parte di quello che è stato il centro Basaglia durante la dismissione e loro stampavano queste magliette – da vicino nessuno è normale – con cui si autofinanziavano e noi le abbiamo indossate.
Giulia Menegatti
Parlando da potenziale neurodivergente, cosa che mi ha creato non pochi disagi sia personali che professionali, penso in realtà che tante persone nel nostro ambito di lavoro lo siano, perché spesso la neurodivergenza porta molta creatività, pensiero veloce ma anche tante difficoltà nella vita, e penso che sia molto importante normalizzare la cosa.
Quindi, la primissima considerazione che mi viene in mente è Basaglia e la sua frase “da vicino nessuno è normale”, nel senso che siamo tutti straordinari, probabilmente.
LE RICADUTE SOCIALI DEL LAVORO NEI MUSEI
Gianfranco Valleriani
Secondo me bisogna pensare come destinatari anche figure professionali che ricoprono ruoli di promozione dell’offerta di cultura socialmente orientata e che diano alla politica una maggiore consapevolezza sulle reali funzioni sociali dell’arte, nella qualità della vita delle persone più fragili.
Giulia Menegatti
Sì, probabilmente. Come missione, il lavoro sull’advocacy è una cosa che Fitzcarraldo fa benissimo da tanti anni e Catterina Seia è la portabandiera principale dell’advocacy verso policy maker, medici e tutte quelle professioni che possono fare effettivamente la differenza sui grandi numeri.
Paola Zanini
Spesso, molte attività in ambito sociale e culturale vengono relegate a ruoli di volontariato che è sicuramente necessario e importante ma non deve sostituire le professionalità delle persone che dentro i musei lavorano e ci vivono, dimenticando anche che in questi ambiti ci sono potenzialità di sbocchi lavorativi. Spesso invece i musei sono coinvolti solo alla fine del processo, come fornitori di servizi, di visite guidate o “di attività” di intrattenimento o e non invece come partner alla pari capaci di portare un contributo unico e indispensabile rispetto al tema della cura, del benessere, della formazione integrale delle persone. Abbiamo già parlato del progetto Di Bellezza Si Vive e di come sia riuscita ad integrare le professionalità del terzo settore con quelle della cultura.
Il museo contemporaneo invece può e deve offrire il suo sguardo e il suo contributo nei diversi contesti sociali e diventare elemento imprescindibile per produrre qualità ed esperienza, per espandere le conoscenze e la qualità della vita di tutte le persone e rispondere alle innumerevoli sfide del nostro tempo.
A tal proposito, ricordo ad esempio che il Dipartimento Educazione ha condiviso fin da subito il progetto Nati con la Cultura ideato e avviato nel 2014 dalla Fondazione Medicina a Misura di Donna Onlus all’Ospedale Sant’Anna di Torino che grazie al sostegno di Compagnia di San Paolo ha coinvolto Abbonamento Musei Torino Piemonte e Osservatorio Culturale del Piemonte per buone pratiche a cui ispirarsi per l’accoglienza delle famiglie. Dal progetto è nato il Passaporto culturale offerto alle famiglie a partire dall’ultimo trimestre di gravidanza che consente fino all’anno di età del bambino la possibilità di accedere gratuitamente nei musei. È un modo di dare risposte alle famiglie – spesso giovani con bambini piccoli – per andare al museo inteso come spazio di accoglienza e di crescita.
IL LAVORO DEL MUSEO SUL TERRITORIO
Brunella Manzardo
Credo che sia la stessa cosa che chiedono le persone; lo si vede anche dal sondaggio realizzato dal Progetto “Il Museo di Tutti”: vanno ascoltate di più le istanze che riguardano veramente la comunità.
Paola Zanini
Una delle peculiarità che da sempre caratterizza il lavoro del Dipartimento Educazione è proprio la relazione con il territorio anzi coni territori intesi in senso ampio. Abbiamo già detto come il Castello di Rivoli arroccato su una collina sia non semplice da raggiungere, per questo motivo, fin dall’inizio la nostra attività è scesa prima in città poi nei diversi territori proprio per incontrare le persone e l’arte contemporanea e i suoi contenuti nei diversi contesti.
Nell’ambito del progetto nazionale Di Bellezza Si Vive – nell’ambito del bando Un passo in avanti di Con I Bambini per strategie al contrasto della povertà educativa – capofila Il Manto di Como, ricerca scientifica Studio MCG – Studio Associato di Pedagogia e Psicologia Clinica e partner Fondazione Horcynus Orca di Messina; ON Impresa Sociale di Milano e Fondazione Mario Moderni; Assifero; Aragorn; Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) il Dipartimento Educazione ha realizzato una serie di interventi sul territorio nazionale nei diversi contesti in cui operano i Como in partnership con Cometa e l’Istituto Comprensivo Como-Rebbio, a Messina con la Fondazione Horcy-nus Orca nell’am-bito della spe-rimentazione del-lo Urban Macho, a Poli, in provincia di Roma, con la Fondazione Mario Moderni e con le scuole del territorio.
In particolare, a Poli si è trattato di un lavoro non estemporaneo ma frutto di una serie di attività realizzate nel tempo e condivise tra educatori e artenaute: dalla mappa del territorio, alle parole che per i ragazzi rappresentano la bellezza per poi passare all’esplorazione dei luoghi e alla documentazione fotografica, dalla geolocalizzazione alla realizzazione di un’opera composta da 150 fotografie che ha partecipato alla sfilata per la Terra che si è svolta a Roma, a Villa Borghese, in occasione dell’Earth Day, per dire che Poli e i suoi giovani ci sono, insieme a tutta la comunità educante per finire con un wall painting sul muro esterno della scuola.
Un percorso che si è trasformato in un viaggio, partito dai racconti e dalle parole dei ragazzi per mappare le bellezze di Poli, per poi passare alla sua esplorazione e alla cattura dei suoi luoghi attraverso le immagini fino agli incontri con gli abitanti della cittadina. Un’esperienza entusiasmante, in un contesto con forte dispersione scolastica e di privazione culturale: gli studenti hanno dimostrato molto interesse per le attività proposte che li hanno messi al centro della progettazione e realizzazione di diverse azioni. Fare esperienza concreta di bellezza negli spazi di vita quotidiani ha il potere di estendere il potenziale emotivo ed esperienziale dei ragazzi per costruire un futuro migliore.
Ma noi ci muoviamo anche nei diversi territori; penso alla Rete nazionale Dialogues for Futures (RD4F) a cui afferiscono istituzioni scolastiche di diverse regioni italiane con ente capofila l’Istituto Comprensivo Alda Merini di Scanzorosciate (BG), che per i progetti transdisciplinari su ecosistemi e sostenibilità Forme di mare e Tra colli e mare condivisi con il Dipartimento Educazione ha ricevuto la menzione nell’ambito del Premio Atlante 2025, promosso dal Circolo dei Lettori di Torino. Con le scuole della “rete” in particolare a Scanzorosciate e a Chioggia (Ve) il Dipartimento Educazione ha realizzato innumerevoli interventi di riqualificazione degli spazi scolastici riconoscendo nell’arte e nel dialogo tra le persone lo strumento fondamentale dell’educazione alla cittadinanza globale.
Rispetto al nostro lavoro sul territorio potrei continuare all’infinito, con innumerevoli esempi, dalle convenzioni con la Città di Rivoli, proprietaria del Castello sabaudo e di Rivalta a pochi chilometri dal Museo con cui realizziamo innumerevoli attività in particolare con le scuole fino al territorio inteso in senso ampio come Bordeaux, Parigi o Melbourne dove abbiamo portato le oper-azioni collettive del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto in eventi internazionali. Transdisciplinarità, trangenerazionalità e carattere internazionale dell’arte contemporanea ci spingono a immaginare il mondo come il nostro territorio di riferimento e tutte le persone, di ogni età e contesto il nostro pubblico di riferimento.
Brunella Manzardo
Anche qui risiedono le potenzialità della cultura.
Paola Zanini
Stiamo andando verso la digitalizzazione. Ma l’appello vero è invece proprio di cercare di disincentivare, soprattutto i giovani, dalla digitalizzazione; essa provoca una dipendenza che è difficile poi da arginare.
Gianfranco Valleriani
Con il digitale siamo andati troppo veloci e spesso è mancata un’adeguata educazione alla cultura.
Paola Zanini
Certo, anche il digitale ci aiuta, come altre grandi invenzioni del passato. La plastica fu demonizzata e oggi invece è fondamentale per molte pratiche. Come sappiamo, Giulio Natta ha ricevuto un Nobel per questa invenzione. Però è necessario non solo rallentare ma capire dove fermarsi. Probabilmente oggi bisognerebbe fermarsi, ma sappiamo che interessi economici e politici sopra di noi non lo permetteranno. Le piattaforme digitali spesso assimilano cultura ed educazione a fruizione di “pacchetto”, alla stregua di un prodotto da supermercato.
Per questo noi dobbiamo continuare a sensibilizzare i ragazzi, togliergli di mano la tecnologia e aiutarli a tornare a incontrarsi realmente, al Museo e grazie al Museo, nello spazio reale e non virtuale, a dipingere su lunghe strisce di carta che diventano luogo di incontro fisico e metaforico, ad azioni di pittura coinvolgenti, a wall painting, a esperienze in cui muovere le mani per muovere la mente.
Lo abbiamo realizzato nelle scuole, nei teatri, negli ospedali. Con l’Ospedale Sant’Anna di Torino, il Cantiere dell’Arte condiviso con Fondazione Medicina a Misura di Donna, da oltre dieci anni porta forme e colori dell’arte nei luoghi della cura. Al Sant’Anna siamo partiti dal vano scala per arrivare alle sale d’aspetto. Abbiamo fatto un lavoro capillare, a tutti i livelli.
Gli spazi trasformati in ambienti vitali e accoglienti attraverso opere, progetti di arte partecipata e interventi strutturali di riqualificazione grazie al contributo della comunità, hanno cambiato completamente il loro aspetto e non sono più degradati. Se il luogo di cura è ben “curato”, anche la degenza dura meno e chi lo frequenta sia lavoratore sia pazienta ha un’altra predisposizione d’animo. La sala d’aspetto dopo il cantiere è diventato un luogo accogliente in tutti i sensi. Il colore al la cura ha creato un riverbero immediato sulle persone sia su quelle che ci lavorano sia su quelle che attendono le cure e i loro famigliari.
Stiamo parlando di ospedali, case di cura, scuole, asili … questi interventi realizzati con le persone che frequentano i luoghi ne cambiano proprio l’anima, aumentano il senso di appartenenza e il benessere, contribuiscono all’esperienza di cittadinanza attiva e anche di legalità.
PAROLE CHIAVE PER IL FUTURO DELL’EDUCAZIONE ALL’ARTE
Gianfranco Valleriani
Possiamo individuare alcune parole chiave che ci diano il senso di quello che facciamo e di quello che potremmo andare a fare?
Paola Zanini
Le parole per me fondamentali sono:
LINGUAGGIO,
RELAZIONE,
RICERCA e
FORMAZIONE.
Il linguaggio è molto importante perché ci dà il senso corretto e profondo di quello che facciamo. Le parole sono fondamentali e quindi se non si usano termini corretti si continua, anche nella buona fede, a reiterare luoghi comuni, pregiudizi, contro i quali noi tutti, invece, stiamo cercando di lavorare.
Brunella Manzardo
Trovo importante la parola relazione: c’è la relazione tra soggetti, che nel loro specifico lavorano su temi comuni, poi la relazione che si deve instaurare, ciascuno nel proprio territorio, in ambiti specifici, mettendo realmente in campo le competenze di ciascuno.
Paola Zanini
Relazione: per noi questa parola è anche la direzione che vogliamo dare al nostro lavoro.
Rispetto alla parola ricerca conviene, come si diceva prima, continuare a verificare i dati assodati nelle varie realtà e capirli meglio. Vista la rapida evoluzione delle cose, la ricerca deve darci la possibilità di continuare a testare il modo in cui le cose evolvono. Un ambito è quello delle neurodivergenze.
Non dobbiamo fermarci perché questa nostra competenza è riconosciuta nel territorio. Dobbiamo far emergere la qualità oltre la quantità, perché siamo prigionieri di un tipo di lettura che ci conduce sempre alla quantità: non è facile far emergere la ricerca qualitativa, a differenza di quella quantitativa. Non saprei come, però forse in un brainstorming si potrebbe trovare un modo di sostenere questo filone di approfondimento.
La formazione è ovviamente per noi una parola decisiva, perché di formazione ci siamo sempre occupate e ci piacerebbe poter incidere nei luoghi deputati. Facciamo molta formazione agli insegnanti, la formazione che proponiamo non è chiusa a fasce d’età o a specifiche scuole o istituti, ma aperta a tutti gli insegnanti che possono capire e utilizzare i contenuti dell’arte e della cultura del tempo presente per poi declinarli nella loro realtà. Le attività sono aperte anche a persone interessate che a vario titolo lavorano nel mondo della cultura in maniera più ampia. Ovviamente partiamo da tematiche che riteniamo possano essere interessanti per tutti e dalle opere che abbiamo esposte al Museo. È importante che le persone capiscano che l’arte non è un’immagine che si scrolla nel telefono, ma quella che si vive in prima persona nei musei, così come è importante uscire dalle classi, anche da quelle virtuali per incontrare l’arte nei musei.
Ecco, in relazione al termine formazione ci piacerebbe essere più presenti anche nei programmi universitari. Nel processo di formazione universitaria ancora manca qualcosa che sia più connesso con la realtà dal punto di vista professionale, per stare al passo con le progettualità e le istanze di chi effettivamente opera nel campo culturale.
Giulia Menegatti
Alcune parole chiave che io ho in mente sono:
EMPOWERMENT,
SENSO DI AUTOEFFICACIA,
WELFARE CULTURALE,
CURA COLLETTIVA.
Non ricordo al momento chi abbia detto questa frase ma mi sembra anche opportuno ribadire, in linea con il nostro discorso che “non esistono soluzioni individuali a problemi collettivi”. Sento che per me, nel rapporto con l’arte partecipata, con la cultura partecipata, con il welfare culturale e in tutte le cose belle che intercettiamo e che facciamo, sopra aleggi proprio la parola “cura collettiva”. Poi mi sono scritta letteralmente questa frase: “innovazione culturale eccellente livello (fortuna!)”. Sono seria, pur nella leggerezza della battuta. Dovremmo avere istituzioni culturali di così alto livello e sensibilità. Per fortuna ce ne sono tante sia in Italia che nel mondo, e noi siamo fortunatissime ad avere il Castello di Rivoli a Torino.
A cura di Gianfranco Valleriani